La classe non è acqua e il fascino neppure. Perché confessiamolo, la prima cosa che abbiamo capito quando a scuola ci han fatto studiare Lord Byron (lo si accenna perfino in letteratura italiana, perché non è possibile parlare di Romanticismo senza menzionare Lord Byron) è che questo celebre e celebrato poeta era prima di tutto un gran figo. Non semplicemente bello, affascinante, carismatico, come potrete aver letto sul manuale di storia della letteratura. Era proprio un figo. Le donne gli morivano dietro, le fanciulle svenivano quando lui si presentava a un ricevimento o a un evento mondano, le ragazza si accapigliavano per ricevere almeno un suo sguardo sprezzante. Se fosse vissuto adesso sarebbe stato una popstar. Un sex symbol lo era sicuramente. Anzi, forse è il prototipo del sex symbol maschile.
Lord Byron è famoso per la sua vita dissoluta e libertina, sulla quale si sono sprecati fiumi d'inchiostro e di parole. Ha avuto problemi con la legge, ed è stato costretto all'esilio dalla natia Inghilterra, perché pare che sia riuscito a sedurre perfino la propria sorellastra.
Era alto. Atletico. E bello, bello, bello (nonostante fosse un po' zoppo al piede destro, cosa che per lui era fonte di dolore e tormento e che, mi ci scommetto le falangi, per le donne costituiva una nota di fascino in più). E ci teneva a esserlo. Bello, intendo. Era fissato con le diete, la forma fisica, lo sport, l'aspetto esteriore. Di notte dormiva coi bigodini di carta, in modo da avere riccioli sempre perfetti.
E sul suo conto giravano talmente tante maldicenze da renderlo assai poco raccomandabile, soprattutto per le giovinette di buona famiglia.
Motivo per cui le giovinette di buona famiglia non facevano che innamorarsi perdutamente di lui.
Era bello e maledetto, proprio il tipo per il quale noi soavi fanciulle tendiamo a perdere la testa.
L'eroe byroniano, ovvero il suo protagonista-tipo (ovvero lui stesso, secondo lui), è un uomo idealizzato, forte, bello, talentuoso, schivo, complicato, tormentato, anticonformista, appassionato e pieno di guai. Insomma, il prototipo dell'eroe da romanzo, o da filmone strappalacrime, che le ragazze di tutte le epoche sognano di incontrare. Per ricevere una bastonata nei denti, ovviamente, perché questo genere d'eroe di solito è così innamorato di se stesso da non poter assolutamente amare qualcun altro.
La seconda cosa che impariamo di George Gordon, sesto barone di Byron, è che è stato uno degli esponenti principali del Romanticismo. E con questo molte gentili fanciulle fraintendono, perché quando sentono che Byron era un romantico subito si figurano scenari sentimentali con soli, cuori e amori. Cose tipo passeggiate sulla spiaggia. Il sole che tramonta. Lui e lei che si tengono per mano e si guardano nelle palle degli occhi. Lui che le confessa eterno amore e il desiderio di sposarla e avere con lei una decina di figli, nonostante il destino avverso sia crudele eccetera. Ecco, scordatevelo. Byron era un romantico proprio e soltanto nel senso della corrente artistica: l'universo visto come un tutto organico, la ricerca del bello, del sublime, della potenza della natura e della forza creativa e così via. E un mucchio di artisti dediti al consumo smodato di oppiacei, ma questa è un'altra storia.
Insomma, se vi avesse portato sulla spiaggia al tramonto, nella migliore delle ipotesi avrebbe ammirato solo la propria immagine riflessa nelle acque. Nella peggiore... fate voi.
Una cosa che sui manuali di letteratura non sempre è riportato, è che Byron era vegetariano e animalista, quindi alla fine tanto male non poteva essere. Secondo un'antica leggenda, anzi, il fantasma del suo cane favorito è ancora in attesa del ritorno del padrone all'ingresso dell'avita tenuta, tanto la povera bestia amava quell'uomo.
Byron morì nel 1824 all'età di trentasei anni, di malaria, mentre combatteva per la liberazione della Grecia, ragion per cui lì è considerato un eroe nazionale.
Ma ora basta parlare di Byron, altrimenti non vorrete più leggere la sua biografia (di prossima pubblicazione) e affrontiamo finalmente il Sardanapalo (con l'accento sull'ultima a).
Che è sì un suo lavoro minore, ma riflette parecchio della personalità dell'autore, il quale aveva una personalità tanto forte da farla emergere non solo nelle proprie opere ma anche in quelle degli amici (vedi Il Vampiro di John William Polidori, edito sempre da noi).
Se lo cercate sul dizionario, vedete che Sardanapalo è sinonimo di persona dissoluta, dedita al lusso e ai piaceri. Un po' come il nostro Byron, insomma.
Si trattava in realtà del re assiro Assurbanipal, vissuto nel VII° secolo AC, e la sua fama di dissoluto è fondamentalmente un mito. Il vero Assurbanipal fu un re abbastanza pacifico e colto (sapeva leggere e scrivere, cosa che per i re dell'epoca rasentava il miracolo), protettore delle arti e della cultura: per dirne una, fu lui a fondare quella che possiamo considerare la prima antenata di una moderna biblioteca. Secondo il mito, invece, Sardanapalo amava vestirsi da donna, accoppiarsi con chiunque e trascorrere tutto il suo tempo tra orge, libagioni e gozzoviglie varie finché un satrapo (vale a dire un governatore) di nome Arbace non gli chiese udienza, e lo trovò impegnato in pratiche così immorali e peccaminose da decidere di dichiarargli guerra e spodestarlo. Sempre secondo il mito, pur di non cedere al nemico Sardanapalo sarebbe saltato volontariamente sul rogo assieme alla sua concubina favorita, la schiava Mirra.
Byron ha affrontato il tema a modo suo. Ha voluto trasformare il dissoluto in un eroe positivo. Un eroe che ispiri simpatia e rispetto. Anche per questo ha usato un linguaggio volutamente semplice, quasi quotidiano.
Il suo Sardanapalo è un uomo pacifico. È un re, ma non ha manie di grandezza. Detesta la violenza. Non sopporta le guerre. Non vuole conquistare con la forza ma coi sentimenti. Non vuole essere temuto o venerato, ma solo amato. Non vuole essere un dio o un eroe, ma soltanto un uomo. Non teme la morte, la considera una parte naturale della vita, ma non per questo vuole infliggerla agli altri. Gli piace divertirsi, fare baldoria, stare con gli amici. Desidera un regno di pace, non di guerra e di terrore. E queste sue qualità, che oggi sarebbero considerate positive, non sono viste di buon occhio dai contemporanei. In un'epoca in cui il guerriero conquistatore è esaltato come massimo esempio di virilità, come si può mai ammirare un pacifista? E perciò ecco il cognato Salemene che gli rimprovera la sua scarsa (o nulla) propensione alle guerre di conquista, ecco il generale Arbace e il sacerdote Belesi complottare per detronizzarlo, ed ecco perfino la concubina Mirra che, pur amandolo, lo disprezza, perché lui non è il “macho che non deve chiedere mai” (termine mio, ma il concetto è quello) che vorrebbe lei. Tutti ritengono che il suo buon carattere sia sinonimo di mollezza ed effeminatezza (intesa come debolezza, incapacità di reagire e ragionare)... e tutti si sbagliano, naturalmente, perché Sardanapalo è pacifico sì, ma non per questo anche debole e pavido. La tragedia si dipana nell'arco di una notte, come da regole aristoteliche, rivelando un Sardanapalo (suo malgrado) molto più eroico di quanto nemici e amici si aspettassero. E forse molto più umano di quanto Byron stesso avesse pensato.
Se volete acquistare Sardanapalo, lo trovate (a solo 1 euro!!!) a questi link. Si tratta di una traduzione del 1880, circa, raccolta da un fragile libretto trovato per caso e che secondo me ha ancora tanto da dire.
https://www.amazon.it/dp/B0096RH6BY
http://www.ultimabooks.it/sardanapalo
http://www.bol.it/ebook-italiani/Sardanapalo/lord-byron/ea978889610436/
http://www.net-ebook.it/ebooks/40039/Sardanapalo.aspx
http://www.cubolibri.it/home.php/ebook-sardanapalo-lord-byron-il-gatto-e-la-luna-9788896104361.html
http://www.ilgattoelaluna.it/schedelibri/sardanapalo.html
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